Incenerimento dei rifiuti (pt. 1): tutto quello che c’è da sapere

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Fin dall’inizio del progetto Rifiutologia avevo in mente di creare un articolo sull’incenerimento dei rifiuti e sul funzionamento di un inceneritore, ma non sapevo bene quando realizzarlo. La scorsa settimana una lettrice del blog mi ha chiesto su Facebook se potessi scrivere un articolo del genere e quindi ho deciso di accontentarla 🙂

Sono convinto che sia un argomento che interessi molti lettori del blog e sono consapevole che si tratti di un argomento molto delicato. In questo articolo cercherò quindi di essere il più obiettivo possibile e utilizzerò un linguaggio semplice ma allo stesso tempo scientifico.

Per evitare di rendere l’articolo troppo pesante ho deciso di dividerlo in due parti. Nella prima parte (quella che stai leggendo ora) capirai:

  • quale è lo scopo di un inceneritore;
  • come la raccolta differenziata possa migliorare l’incenerimento;
  • quali sono i pro e i contro del suo utilizzo.

Nella seconda parte invece ti spiego da cosa è composto un impianto di incenerimento e quali sono i principi del suo funzionamento.

Bene, iniziamo 😀

Gli obiettivi dell’incenerimento dei rifiuti

Come ho già detto in “Gestione dei rifiuti in Italia: la storia, negli anni ‘70 in Italia non esisteva una vera e propria gestione dei rifiuti: i rifiuti si smaltivano negli inceneritori e nelle discariche.

Dopo il disastro di Seveso del 1976, la diffusione della fobia dell’incenerimento dei rifiuti ha portato in Italia il cosiddetto boom delle discariche. La ragionevole paura che gli inceneritori emettessero diossina, portò alla realizzazione di tantissime discariche in tutta la penisola.

Nel corso degli anni diventò chiaro che anche le discariche costituivano un grosso impatto ambientale e che per la loro costruzione si aveva bisogno di eccessivo spazio. Si capì che le discariche non potevano sostituirsi agli inceneritori è così riprese la costruzione di questi ultimi.

Gli inceneritori di allora, ovviamente, non sono neanche paragonabili a quelli che vengono utilizzati ai giorni nostri per due semplici motivi:

  • gli impianti moderni hanno un sistema di trattamento dei fumi che negli anni passati non esisteva;
  • gli impianti moderni abbinano all’incenerimento dei rifiuti anche un recupero di energia (elettricità o calore).

Nonostante gli impianti degli anni ‘70 fossero profondamente diversi da quelli del 2018, lo scopo principale dell’incenerimento dei rifiuti è rimasto sempre lo stesso: ridurre il volume e la massa solida dei rifiuti in modo da depositare in discarica rifiuti con volumi e masse ridotte.

Tramite il processo di combustione si riesce a ridurre fino al 90% il volume dei rifiuti in ingresso e fino al 70% la loro massa solida.

Cioè, se si brucia 1 tonnellata di rifiuti, ne rimangono circa 300 kg (sotto forma di ceneri che poi devono essere trattate come rifiuti speciali data la loro tossicità e pericolosità e devono poi essere stoccate in discariche apposite).

A questo punto vale la pena citare il famoso postulato di Lavoisier sulla conservazione della massa: “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”.

Dove sono finiti i 700 kg che mancano all’appello? Non possono essere scomparsi nel nulla! Sono passati in parte dallo stato solido allo stato gassoso. Sono passati dall’essere rifiuti solidi all’essere gas o fumi che devono essere opportunamente trattati prima di essere emessi in atmosfera.

Combustione e potere calorifico

Gli inceneritori moderni vengono anche chiamati termovalorizzatori in quanto recuperano energia traendo quindi valore dai rifiuti attraverso un trattamento termico.

Come ogni materiale, anche i rifiuti hanno un potere calorifico.

Il potere calorifico è una caratteristica fisico-chimica che identifica la quantità di energia che si sviluppa a seguito della combustione completa di una data massa. Quindi, grazie a questa caratteristica, bruciando i rifiuti, si può recuperare energia.

Il problema è che i rifiuti hanno un potere calorifico basso e possiamo perciò dire che non sono un buon combustibile. Senza entrare troppo nel merito della questione, ti posso dire che un “buon rifiuto” arriva ad avere un potere calorifico di 3000 kJ/kg mentre il carbone ce l’ha di 7000-8000 kJ/kg, il gasolio di 10000 kJ/kg, il metano di 13000 kJ/kg.

Ma perchè i rifiuti non bruciano bene? Cosa si potrebbe fare per migliorare il loro potere calorifico? Cerco di spiegartelo nel prossimo paragrafo.

Come la raccolta differenziata migliora l’incenerimento 

incenerimento acqua fuoco

Per esperienza tutti sappiamo che l’acqua non brucia!


Sei proprio un genio Roberto! Grazie per questa perla di saggezza!!


Prego! Ma non c’è bisogno di ringraziarmi! 😀

Quello che volevo dire è che più un materiale è composto da acqua, meno brucia. Hai mai provato a mettere un tronco bagnato nel caminetto? Prima di iniziare a bruciare, deve evaporare tutta l’acqua.

Un ragionamento del genere lo si può fare con i rifiuti. Più è alta la quantità di acqua nei rifiuti, meno questi sono adatti alla combustione. Più un rifiuto è umido meno brucia. Compresa questa banalità possiamo andare oltre e capire quale frazione dei rifiuti urbani va a incenerimento.

Cosa deve andare a incenerimento

Con la raccolta differenziata dividiamo i rifiuti in indifferenziati, riciclabili (carta, plastica, vetro, metalli) e umido (scarti alimentari). Sappiamo poi che ci sono anche particolari categorie come i rifiuti ingombranti o i RAEE (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche).

Ovviamente i rifiuti riciclabili non dovrebbero mai andare a termovalorizzazione. Questi rifiuti possono appunto essere riciclati o recuperati in qualche modo. Per fissare questo concetto bisogna sempre tenere a mente le 4R.

Dagli scarti alimentari invece si può produrre compost, una sorta di terriccio che migliora le prestazioni dei terreni agricoli.

Avrai quindi ormai capito che i rifiuti che vanno ad incenerimento sono quelli che buttiamo nel bidone dell’indifferenziato, e neanche tutti!

Prima di essere mandati a valorizzazione energetica, il rifiuto indifferenziato viene spesso analizzato in appositi centri di ricerca per cercare di recuperare il più possibile (come dice anche Paul Connett all’ottavo punto dei suoi 10 passi verso rifiuti zero) o per cercare di eliminare il più possibile gli scarti alimentari che vi si trovano.

Ma perché si cerca di separare gli scarti alimentari dal resto del rifiuto indifferenziato prima di mandarlo a incenerimento?

Gli scarti alimentari sono molto umidi, hanno un alto contenuto di acqua e quindi abbassano notevolmente il potere calorifico dei rifiuti. Più il potere calorifico dei rifiuti è basso, peggio essi bruciano.

Con un basso potere calorifico potrebbe essere necessario, per garantire una combustione completa, aggiungere un combustibile ausiliario (come il metano) che fa lievitare il costo di gestione dell’inceneritore.

Bruciando male, il recupero energetico diventa ancora più scarso di quello che è (solitamente il recupero energetico in questi impianti ha un’efficienza del 20-25% e, più si abbassa il potere calorifico dei rifiuti, più si abbassa l’efficienza).

Quindi oltre a tutti gli altri vantaggi, fare bene la raccolta differenziata all’interno delle nostre mura domestiche comporta:

  • il miglioramento del recupero energetico degli inceneritori;
  • la diminuzione della quantità di rifiuti mandati ad incenerimento (al crescere della qualità della raccolta differenziata che facciamo in casa, diminuisce la quantità di rifiuto indifferenziato da mandare ad incenerimento);
  • la diminuzione dei costi di gestione degli inceneritori in quanto diminuisce il bisogno di aggiunta di metano (o di altri combustibili ausiliari).

I pro e i contro dell’incenerimento dei rifiuti

incenerimento pro contro

Questo paragrafo vuole essere una rassegna obiettiva e quanto più possibile scientifica dei vantaggi e degli svantaggi dell’incenerimento dei rifiuti. Cercherò inoltre di non dare pareri personali.

Vantaggi

E’ innegabile che negli ultimi 30-40 anni l’incenerimento dei rifiuti abbia aiutato notevolmente a contrastare il problema dei rifiuti.

Senza l’incenerimento dei rifiuti si avrebbero molte più discariche o molti più rifiuti per le strade. A partire dal decreto Ronchi, la normativa ha definito una gerarchia nella gestione dei rifiuti che vede lo smaltimento in discarica come la peggiore delle ipotesi.

L’ipotesi leggermente migliore è quella del recupero energetico (termovalorizzazione). Si può quindi dire che, un vantaggio dell’incenerimento è che, diminuendo fino al 90% il volume dei rifiuti, ha diminuito notevolmente lo sfruttamento delle discariche.

Un altro punto a favore della termovalorizzazione è il recupero di energia. Tramite la combustione dei rifiuti si può produrre energia elettrica o calore.

Tutti quei rifiuti che ancora non si riesce a riutilizzare o riciclare, possono essere sfruttati per riscaldare le case o per illuminarle. Se proprio non riusciamo a riciclarli, tanto vale recuperare energia da essi anziché nasconderli sotto terra.

Un altro vantaggio è che tramite l’incenerimento si possono smaltire rifiuti ad altro rischio biologico, igienico e sanitario (come quelli ospedalieri).

Credo che i vantaggi dell’incenerimento siano finiti qui.

Svantaggi

Ora iniziano le dolenti note. Vorrei iniziare subito con il dire che

in un sistema economico circolare (al quale tutti aspiriamo) l’inceneritore non ha senso di esistere e quindi non ha senso che se ne costruiscano di nuovi.

Nonostante abbia degli elementi di circolarità (come il recupero di energia o il recupero di materia dalle ceneri) è un impianto che appartiene al vecchio mondo lineare che stiamo cercando di superare.

Potremo fare a meno dell’incenerimento dei rifiuti quando le aziende inizieranno a produrre solo ed esclusivamente oggetti facilmente scomponibili, riciclabili o compostabili.

E’ un impianto di cui abbiamo sempre meno bisogno, ma di cui non possiamo ancora fare totalmente a meno, se non altro perché non siamo ancora in grado di riciclare ogni materiale che produciamo.

Inquinamento e diossine

Lo svantaggio principale che tutti conosciamo è quello dell’inquinamento. La brutta nomea di questi impianti è soprattutto dovuta ai vecchi inceneritori che erano dei veri e propri forni senza nessun controllo sulle emissioni.

E’ però assolutamente sbagliato paragonare quei vecchi forni ai termovalorizzatori moderni. Sarebbe un atto di disonestà intellettuale.

Ai giorni nostri esistono delle leggi che regolano le emissioni degli inceneritori che servono proprio a tutelare l’ambiente e la salute dei cittadini. La storia recente purtroppo ci ha dimostrato che non tutti gli impianti hanno rispettato o rispettano la normativa, ma non per questo bisogna puntare il dito contro tutti gli impianti del pianeta.

In realtà bisognerebbe focalizzare l’attenzione su un altro problema dell’incenerimento.

Il problema è che rispettare i limiti di emissioni imposti dalla legge non basta, soprattutto per sostanze come le diossine. Evitando di parlare della composizione chimica delle diossine e dei modi in cui possano essere generate, posso dirti che il problema principale delle diossine è che sono certamente cancerogene e bioaccumulabili.

Ma cosa significa bioaccumulabile? Le diossine sono una categoria di composti che non sono solubili in acqua ma sono solubili nei grassi (si dice che sono liposolubili). Ciò significa che una volta assunte, esse solubilizzano nei grassi e si accumulano in essi.

Questa bioaccumulazione fa sì che le diossine possano risalire la catena alimentare fino ad arrivare all’uomo.

incenerimento diossina

Un animale mangia erba da terreni contaminati da diossine, le diossine si accumulano nel suo grasso, l’uomo mangia alimenti prodotti da quell’animale o mangia la sua carne, l’uomo si ammala. Perciò, nonostante gli inceneritori ormai producano pochissima diossina rispetto al passato, quella che producono si bioaccumula e persiste negli anni.

Per questo motivo vivere nei pressi di un inceneritore rischia di essere molto pericoloso (Wikipedia, nel paragrafo “Fonti di diossina”, cita alcune ricerche sull’argomento).

Per onestà intellettuale però bisogna anche ricordare che gli inceneritori non sono l’unica fonte di produzione di diossine e spesso non sono neanche la fonte principale. Come al solito, per fornirti dati concreti mi affido all’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).

Nel 2016 ha pubblicato un report (in inglese) sulle emissioni nell’atmosfera italiana dal 1990 al 2014. A pagina 49 si parla proprio di diossine e si evidenzia come nel 1990 l’incenerimento dei rifiuti fosse il responsabile del 20,5% delle emissioni, mentre nel 2014 lo è stato solo per il 2,6%!

La combustione domestica (camini e stufe) nel 1990 era responsabile del 34,6% delle emissioni di diossine e nel 2014 del 39,7%. Quindi perché demonizzare solo gli inceneritori?

Io non voglio che la diffidenza nei confronti degli inceneritori fondi le proprie radici nel pregiudizio piuttosto che nella conoscenza tecnico-scientifica.

Gli inceneritori inquinano e producono diossine così come lo fanno la combustione domestica e il settore chimico o siderurgico. Bisogna dire no agli inceneritori, ma con criterio e consapevolezza.

Ulteriori svantaggi

Quindi, fin qui abbiamo detto che gli svantaggi degli inceneritori sono che inquinano e che non hanno senso di esistere nel contesto dell’economia circolare.

Ulteriori svantaggi sono dati dal fatto che gli impianti sono particolarmente costosi e hanno bisogno di personale altamente qualificato per una corretta gestione. Inoltre non risolvono completamente il problema delle discariche perché il rifiuto, dopo essere stato incenerito in modo da ridurne drasticamente il volume, va comunque smaltito in discarica nella maggior parte dei casi.

Conclusione

Direi che per ora può bastare. Abbiamo messo molta carne al fuoco e penso di aver proposto vari spunti di riflessione e di dibattito. Per qualsiasi domanda, considerazione, chiarimento, critica puoi scrivere un commento qua sotto.

Ora che hai letto tutto questo articolo sei pronto per andare avanti e scoprire come funziona veramente un inceneritore.

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